Che ne sarà di oratori, sale, canoniche ed altri edifici facenti parte del patrimonio ecclesiastico? Questo è l'interrogativo che Sandra Pirisi, architetto e membro del consiglio degli affari economici della parrocchia di Sermide, si e ci pone nel suo intervento. Vista la diminuzione di preti e fedeli, visto il calo di bambini e giovani frequentatori dei locali parrocchiali e considerato il progressivo svuotamento delle chiese, quale sarà la destinazione dei numerosi ambienti a disposizione? Sono luoghi importanti per molti di noi, luoghi in cui abbiamo vissuto anni di educazione, formazione e crescita, in cui abbiamo costruito un tessuto di relazioni con coetanei ed amici, in cui ritroviamo ricordi di infanzia e giovinezza. Saranno abbandonati, chiusi in un silenzio senza tempo? No, nulla di tutto questo se continueremo ad operare per tenere viva la Chiesa in quanto Comunità di credenti, la Chiesa che annuncia il Vangelo nella contemporaneità ad uomini e donne, bambini, ragazzi, giovani ed anziani che vogliono vivere il loro tempo insieme giorno dopo giorno nella positività, nella fiducia e soprattutto nella speranza che non può e non deve morire mai.
--------------------------------------------------------------------------------------------------------
Molte parrocchie del territorio italiano, e non solo, sono chiamate a decidere su cosa fare del proprio patrimonio edilizio. La decisione non riguarda solo le canoniche vuote ma tutti quegli ambienti ad esse adiacenti, come oratori, ex asili, strutture sportive che, se utilizzati solo marginalmente, rischiano di diventare ambienti “attraversati” e non vissuti. Decidere non sarà semplice per molti motivi: tali edifici, rappresentano per i fedeli e non solo, l’identità del luogo; talvolta sono frutto del lavoro degli stessi fedeli e delle loro donazioni, vissuti, oltre che come luogo di pastorale, come centri di aggregazione e per qualcuno sono stati riferimento di accoglienza spirituale, umana, talvolta fisica.
Ma prima di ripensare al destino di questi fabbricati bisogna interrogarsi, con coraggio, su quale Chiesa vogliamo essere e con questo obiettivo progettare il destino delle nostre Parrocchie, nella consapevolezza dei tempi che stiamo vivendo e capire che Comunità vogliamo diventare, senza piangersi addosso perché non ci sono più preti e “perché il cristianesimo sembra essere segnato da una sorta di “cultura del declino”. Tenendo conto delle parole del cardinale Zuppi: “Non si può gestire il presente con una cultura del declino, quasi si trattasse solo di mettere insieme forze diminuite, di ridurre spazi ed impegno o d’agoniche chiamate al combattimento”, siamo esortati a ripensare il ruolo che questi ambienti rivestiranno nelle Comunità future, confrontandoci con le risorse economiche e con la disponibilità umana a gestirli.
Nel fare questo ci sono dei caposaldi fissi che ci devono guidare: la Chiesa è da sempre chiamata ad annunciare il Vangelo nella contemporaneità del mondo che la circonda, non è un dispensatore di servizi ma non può prescindere dal suo ruolo pastorale e sociale; la Chiesa è custode di beni culturali che rappresentano la nostra storia; le mura, così come le relazioni, necessitano di una manutenzione costante.