Nel suo intervento Davide Chieregatti ci provoca ad interrogarci sul senso del nostro essere cristiani, e soprattutto cattolici, nella società moderna secolarizzata e spesso lontana dal messaggio evangelico.
Evitare l'isolamento nella torre d'avorio della nostra comunità, vivere dentro la realtà, affrontare le sfide di ogni giorno, ecco gli imperativi che la vita cristiana ci impone.
Impegnarci concretamente con e per gli altri, per essere coerenti con noi stessi e con i valori che il Vangelo insegna e trasmette a ogni credente, testimoniare la nostra fede con serenità e pacatezza, andare incontro al nostro prossimo e farci portatori di pace, strumenti di amicizia per appianare piccoli e grandi conflitti, essere noi stessi, in dialogo e rapporto continuo con chi vive al nostro fianco. Questi sono gli impegni che ciascuno deve assumersi per andare oltre i limiti del proprio orticello, per guardare avanti e camminare insieme verso traguardi comuni a tutti, per navigare nel mare aperto del mondo, ma anche per volare alto con il cuore e con la mente sopra le mediocrità e qualsiasi meschinità.
Mi sono chiesto cosa voglia dire essere cristiani - cattolici nel mondo. Forse la risposta è tanto banale quanto provocatoria. Vuol semplicemente dire essere Cattolici! Cattolici nel senso più puro e diretto del termine.
Chi crede profondamente, e non è solo un praticante, non può che stare nel mondo; immergendocisi a pieno affrontando le diverse sfide che ci vengono poste dinnanzi. Nella “Lettera a Diogneto”, uno scritto antichissimo ritrovato a Costantinopoli, si dice «come è l'anima nel corpo, così nel mondo sono i cristiani. L'anima è diffusa in tutte le parti del corpo e i cristiani nelle città della terra».
Non possiamo isolarci e rinchiuderci solo nelle nostre comunità sperando così di poter ricostruire o ristabilire la situazione che si viveva nei decenni passati; le sfide di oggi ci impongono di uscire dai nostri luoghi e di aprirci alla società civile. Non possiamo sfuggire dal mondo, ma dobbiamo impegnarci in esso (Papa Francesco). Come possiamo fare direte voi? Secondo me possiamo farlo seguendo due semplici, ma allo stesso tempo potenti, parole: coerenza e coraggio. La prima parola ci impone di essere coerenti con noi stessi, con quello in cui crediamo e con i valori di cui possiamo essere testimoni vivi, in primis la cura e il servizio per gli altri; la seconda parola ci spinge a non aver paura di mostrarci come Cattolici e ci incoraggia anche a non fuggire da un dialogo che sia aperto, sincero e profondo, senza il timore di affrontare temi sui quali da troppo tempo siamo chiamati a dare una risposta. Qualcuno potrebbe obiettare, ma questo lo facciamo già. Vi provoco chiedendoci, siamo sicuri che lo stiamo facendo nel modo giusto? Io ritengo che forse ci sia bisogno di far risentire la nostra voce, senza delegare o nasconderci e senza il bisogno di urlare; nella nostra quotidianità dovremmo essere donne e uomini sempre più saldi e moderati in grado di stare vicini al nostro prossimo; capaci di disinnescare, con le nostre azioni, i conflitti che vediamo ogni giorno nelle nostre comunità. Così saremo veramente Cattolici che vivono nel mondo.
Davide Chieregatti – membro della delegazione mantovana alla recente Settimana Sociale dei cattolici italiani a Trieste