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Vita Comunitaria

Chiesa parrocchiale di Moglia

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La Chiesa Parrocchiale di Moglia è una costruzione della prima metà del XX sec.; è stata infatti costruita fra il 1934 e il 1935 nella stessa posizione di quella precedente che, ritenuta troppo ammalorata per procedere ad ulteriori sforzi di recupero, fu demolita.

Di fronte alla necessità di decidere se realizzare un radicale restauro della chiesa esistente o erigerne una nuova si optò infatti per un nuovo edificio di culto, considerate anche le richieste e le aspettative della popolazione, ampiamente documentate: “Moglia doveva avere quanto prima la sua nuova Chiesa Parrocchiale”.1)

La nuova chiesa Parrocchiale “Natività della Beata Vergine Maria”, dedicata a Santa Maria Bambina, fu consacrata il 20 aprile 1936 con grande festosità come dimostrano i documenti e le note giornalistiche dell’epoca: “Lunedì mattina, 20 aprile, S. Ecc. Mons. Vescovo Domenico Menna, accompagnato dal Segretario particolare don Luigi Bosio e dal Cerimoniere don Magnanini, si è recato a Moglia di Sermide per consacrare la nuova Chiesa Parrocchiale…. A Carbonara Po l’Ecc.mo Presule fu incontrato dal clero, dai Fabbriceri e notabili di Moglia e fu contemporaneamente ossequiato dalle autorità religiose e civili di Carbonara. Di là, con corteo di automobili, si partì alla volta di Moglia…All’inizio del caseggiato attendeva col parroco don Arrigo Mazzali, una grande folla accorsa anche dai paesi limitrofi e vivamente desiderosa di assistere ad una funzione così, straordinaria e suggestiva. La fanfara diede subito fiato alle trombe e agli squilli allegri si unì il suono festante delle campane. Ossequiato dalle autorità, fra le quali il podestà di Sermide Ing. Cavallini, il Vescovo si recò alla nuova Chiesa…..ed ebbe inizio il rito della consacrazione” culminante nella “geniale e commovente omelia” del Vescovo. Nel pomeriggio “a chiesa gremita, S.E. amministrò la cresima a 400 tra bambini e bambine” 3)

La prima Santa Messa di inaugurazione era però già stata celebrata nella notte del Natale del 1935 quando “Tornarono a suonare sulla nuova torre le campane dalla voce nota, risvegliate da un silenzio di oltre OTTO anni, come a comunicare a tutti la grande gioia”. 4)

All'architetto Bruno Sarti 5), che già si era prodigato per il restauro della vecchia chiesa, furono affidate la progettazione e la realizzazione del nuovo edificio.

Il progetto non fu ben accolto dal Vescovo Menna che nel dicembre 1933 scriveva a Mons. Belvederi della Commissione Archeologica Vaticana, sottolineando il suo disappunto, per “avere un suo consiglio ed aiuto” nella necessità che ”autorità competenti”…dicessero chiaro il loro parere indicandogli la via da seguire. Il vescovo Menna allegava i disegni del progetto e le osservazioni fatte dalla Commissione diocesana.

Già nel novembre la Commissione diocesana d’ Arte Sacra aveva provveduto ad esaminare attentamente il progetto e a fornire dettagliati suggerimenti per le modifiche ritenute opportune. Ricordando che “La facciata della chiesa deve risultare con tale distinzione di linea e di simboli da elevarla sugli edifici del paese e con tale severità da armonizzare con la semplicità austera della torre campanaria e dell’interno6

Infine i contrasti furono appianati e il progetto fu approvato anche perché l’ Amm.ne Comunale, che sosteneva il progetto dell’ arch. Sarti, si faceva carico di concorrere alla spese di costruzione con 120.000 lire. In data 14 aprile 1934 “S. Ecc. Mons. Domenico Menna delegava quindi il rev.mo Mons. Ivanoe Ruberti, arciprete e vicario foraneo di Sermide, per la posa della prima pietra,” rito che si svolse il 1° maggio dello stesso anno con la collocazione, nelle fondamenta dell’abside, della pietra su cui era apposta un’iscrizione “firmata dai membri del comitato”.7)

I lavori edili furono affidati alla ditta Luigi Roveri e figli .8)

Fondamentali furono il grande impegno di don Arrigo Mazzali “divenuto l’anima e l’esponente di tutta la popolazione”, del podestà Dimo Cavallini, del Comune, e di tutti i mogliesi che seguirono con entusiasmo la costruzione dell’edificio di cui si sentiva una viva esigenza; essi sostennero anche, bambini compresi, il restante finanziamento dei lavori che richiedevano un ammontare complessivo di lire 200.000. Don Bruno Baboni, nel decennale della costruzione della chiesa, ebbe ancora a ringraziare la popolazione per la fede e la generosità dimostrate nella lettera “Ai miei carissimi parrocchiani” che apre il suo libretto di memorie già citato. (Link)

UNO SGUARDO D’INSIEME ALLA CHIESA

La facciata

Nella lettera che, il 27 ottobre 1933, invia al Vescovo di Mantova Domenico Menna per sottoporre il progetto dell’arch. B. Sarti alla Commissione d’Arte Sacra, il Podestà Dimo Cavallini scrive che “non si è mai parlato in precedenza di stili” e “il progettista ha cercato quello meglio adattabile alla spesa”, che doveva essere contenuta entro le 200.000 lire (di cui 120.000 a carico dell’Amm.ne Comunale), compresa la demolizione del vecchio edificio e del campanile. 9)

Ma ovviamente l’arch. Sarti, che aveva già al suo attivo i progetti di vari edifici, fece delle scelte stilistiche improntate al taglio personale ed al gusto del tempo.

Tutto il complesso architettonico si rifà globalmente allo stile razionalistico: in cotto a vista, è caratterizzato da due “momenti “visivi stilisticamente distanti fra loro. Il primo è dato dalla facciata a capanna che rimanda alla tradizione ecclesiale; il secondo è costituito da un inserto di tipo razionalista dato da due imponenti lesene, che fanno da spalla all’ingresso principale, e da un corpo aggettante a forma di parallelepipedo, a sinistra delle lesene stesse. Questo corpo è connotato da un piccolo protiro, sormontato da un rosone, che fa accedere alla navata laterale di sinistra, sormontato da una tettoia nella parte inferiore sopra gli archi.

La struttura è completata da un campanile-torre che si raccorda con il disegno della facciata, quindi in armonia col progetto razionalistico, e svolge oltre alla funzione religiosa una funzione civica, richiamando gli edifici pubblici dell’epoca proprio per la sua configurazione “a torre”. Ad arricchire la facciata, sulle lesene, i bassorilievi in cotto dei dodici apostoli dello scultore Ivo Soli. (Link)

L’ interno della chiesa

L’interno è costituito da due navate: quella centrale, coperta a capriate, termina con una grande abside segnata da otto profonde nicchie sormontate da un arco a tutto sesto.

La parete di sinistra è aperta da quattro grandi archi a tutto sesto che mettono in comunicazione la navata centrale con quella laterale.

La parete di destra della navata centrale richiama simmetricamente gli archi della parete sinistra, tuttavia si tratta di archi ciechi inizialmente ideati come possibile apertura ad una terza navata, non realizzata per ragioni economiche come supportato dalla documentazione. Già la stessa Commissione di Arte Sacra, nei suggerimenti delle modifiche da apportare al progetto dell’ arch. Sarti, consigliava “di rimandare la costruzione” delle navate laterali a quando i mezzi finanziari avrebbero permesso di “affrontare l’integrale pianta a tre navate” 10)

Diverse furono le modifiche interne già nel decennio 1935-1945 che seguì alla costruzione della chiesa. Nel marzo del 1943 si procedeva alla demolizione della grossa croce in cemento armato che dominava il presbiterio; si chiudeva l’alto finestrone centrale che infastidiva con sovrabbondante profusione di luce e si completava il semicerchio dell’abside con la continuazione degli alti e stretti archi a nicchia”. Nel settembre cominciava il lavoro di affrescatura ai due lati dell’altare affidato alla pittrice Elena Schiavi.

Nello stesso anno fu “eseguita pure in serpentino la balaustra terminante dall’una e dall’altra parte con ambone; tinteggiato a macchia pietra lo sfondo”; venne ricostruito anche l’altare, sempre con marmi di serpentina e creola, che fu spostato di 70 cm verso l’interno del coro e riconsacrato il 19 marzo 1944.

Molto particolare è la porta d’ingresso per la sua altezza, uguale a quella delle due lesene fra cui è contenuta, e per essere completamente vetrata, presumibilmente per dare luminosità all’interno.

E proprio sulla distribuzione della luminosità è importante soffermarsi. Attualmente la chiesa riceve luce da tre punti: dalla porta d’ingresso vetrata, dalla prima nicchia di destra dell’abside e dalle quattro finestre circolari aperte sulla parete della navata laterale. Si tratta di una soluzione che, oltre a non dare sufficiente luminosità all’interno, non trova risposta in una logica legata alla spiritualità del luogo di culto ed appare sicuramente inconsueta.

Grazie alle Memorie del decennale della costruzione 8), sappiamo però che nel 1944 venne chiuso “l’alto finestrone centrale che infastidiva con sovrabbondante profusione di luce” e nel ’45 vennero chiusi i venti finestrelli posti in alto tutt’attorno alla navata centrale che, secondo le note del parroco Baboni, erano considerati “una vera stonatura all’occhio, oltre che ad essere inutili “essendoci in chiesa anche troppa luce”. Attualmente questa chiusura dei finestrini non si nota con immediatezza ma è ben visibile soprattutto dall’esterno.

Non si riesce a capire quanto stonasse questa “profusione di luce” che va intesa invece come elemento costitutivo indicante la spiritualità del momento storico in cui la chiesa viene edificata. Ne deduciamo però che il progetto iniziale comportasse una situazione ben diversa dall’attuale e, grazie a ricerche svolte nell’Archivio Diocesano di Mn, sono state ritrovate fotografie di una chiesa, non meglio identificata, che può essere stata presumibilmente presa come modello per quella attuale, in particolare per ciò che riguarda le finestre laterali. Forse, per attenuare la luminosità avvertita come eccessiva, sarebbe bastato sostituire i vetri trasparenti con lastre di alabastro come nelle chiese paleocristiane.

Sulla destra, entrando, si apre il battistero con fonte battesimale in pietra, molto semplice nella sua linearità tuttavia in armonia con il disegno complessivo della chiesa.

LE OPERE DI PREGIO ARTISTICO

Gli affreschi di Elena Schiavi

Ai lati del presbiterio si trovano due affreschi, realizzati nel 1943 da Elena Schiavi, “littrice di pittura”, di proporzioni importanti con soggetti mariani, vista la dedica a Maria Bambina della chiesa, che si sviluppano verticalmente "in cornu evangelii" e "in cornu epistolae". 11)

Il primo raffigura la Natività di Maria mentre l'altro ha come tema la Presentazione al Tempio. L’impostazione generale dell’affresco della Natività, in “cornu evangelii” la Schiavi ricorda, in modo molto preciso, la Cappella degli Scrovegni di Giotto a Padova nel riquadro della nascita di Maria; e lo richiamano anche i particolari: la donna che sta entrando e porta cibo per la partoriente, il lavaggio della bambina in primo piano svolto da due ancelle, secondo la tradizione del tempo, Sant’ Anna coricata sul letto. Anche la tenda, presente in tutte le case medioevali per dividere lo spazio di una stanza, è un elemento medioevale-giottesco. Unico dato di parziale novità è costituito dall’altezza della casa di Maria e della stanza in cui si trova; altezze che permettono a due angeli di “entrare” in alto da una finestra aperta per venerare la vergine. Nella parte più alta si notano due alberi spogli su una montagna di difficile interpretazione; nella fascia alta conclusiva tre angeli suonano e cantano.

Il disegno richiama tuttavia anche l’arte di Mario Sironi, il maggior pittore del ventennio fascista, soprattutto nella definizione stilistica dei personaggi e nei colori bassi di tono.

Nell’affresco della Presentazione al tempio, “in cornu epistolae”, l’impianto architettonico appare il vero protagonista della narrazione. Le figure in basso in primo piano, un piccolo gruppo in conversazione con Sant’ Anna e altre persone poco distanti, attendono che Maria concluda la salita della scalinata infinita che la porterà, da sola, al tempio.

Nella parte più alta dell’affresco due angeli sono a protezione dell’evento.

Si osserva che la città che viene rappresentata si impone per la sua maestosità e, sia nella parte bassa sia nella parte alta, gli edifici sono modellati con la stessa forza con cui Piacentini, solo prima della guerra, stava modellando il quartiere dell’EUR a Roma. L’affresco, nel suo complesso, può ricordare anche lo spazio metafisico di De Chirico.

All'inizio della navata laterale della Chiesa è presente un gruppo ligneo di notevoli dimensioni raffigurante la Pietà: la Madonna sorregge il Cristo morto all'interno di una struttura compositiva che appare di mano esperta.

La navata laterale sinistra termina con un piccolo altare in pietra a vista che contiene il tabernacolo. La nicchia ospita una statua della Madonna con Bambino che la completa .

Altre statue presenti nella Parrocchiale di Moglia

Ristrutturato dopo il terremoto del maggio 2012 l'edificio della ex canonica ospita attualmente il Centro d'ascolto della Caritas dell’U.P. La Riviera del Po.

Il Teatro S. Domenico Savio di Moglia risale al 1937, edificato su progetto dello stesso arch. B.Sarti già progettista della “Natività della Beata Vergine Maria”, la nuova chiesa costruita fra il 1934 e il 1935. L’edificio nasce come cinema/teatro parrocchiale “LUX” e come tale ha notevole importanza per la comunità mogliese. Nel 1986 la necessità di forti restauri spinge il parroco Don Frigo a rinunciare all’attività cinematografica adattando il teatro a sala polivalente, denominata Sala della Comunità, con scopi di attività pastorale, momenti ricreativi, conferenze. Dal 2013 l’ex teatro è di proprietà del Comune di Sermide.

Bibliografia

1) Don Bruno Baboni in La Chiesa Parrocchiale di Moglia di Sermide-1935-1945-Brevi memorie raccolte in occasione del decimo anniversario della costruzione della Chiesa Parrocchiale-ed. Curia Vescovile di MN 03-11-1945.

Alle suddette memorie, si rimanda per altre notizie sulla chiesa stessa.

Diverse informazioni relative alla documentazione sulle condizioni della chiesa precedente e sulle richieste per avere una nuova chiesa sono riportate nel (Link) -Storia della Chiesa Parrocchiale di Moglia

2) Fotografia presente nelle memorie di Don Baboni, op. cit.

3) “Relazione della cerimonia” fatta da l’ Avvenire d’Italia e riportata in don B. Baboni op. cit

Presso l’Archivio Diocesano di Mantova l’evento della Consacrazione della nuova chiesa è altresì documentato da una minuta del parroco Don A. Mazzali che riporta il programma della giornata nonchè l’elenco delle autorità presenti.

4) Don B. Baboni in La chiesa Parrocchiale di Moglia di Sermide, op. cit.

5) Per la conoscenza dell’Arch. Bruno Sarti e delle sue opere si veda il volume:

-Claudio Rambaldi, Bruno Sarti Architetto 1898-1962, copyright 2015. Per le notizie relative alla Chiesa di Moglia si veda nell’op. cit. il par. 17 “Chiesa di S. Maria Bambina a Moglia di Sermide.1935”.

6) Per la documentazione relativa ai contrasti sul progetto medesimo e ai contributi finanziari per la costruzione dell’edificio si veda anche il Link sopra indicato.

7) Don B. Baboni in La chiesa Parrocchiale di Moglia di Sermide, op. cit.

8) Le fotografie dell’edificazione della nuova chiesa sono state messe a disposizione dal geom. Armando Fioravanzi. Di A. Fioravanzi si veda anche l’ articolo comparso sul n. 7 del mensile Sermidiana – 2012:“ La nuova chiesa di Moglia”.

9 - 10) I documenti cartacei riportati e gli altri stralciati o citati sono consultabili presso l’Archivio Diocesano di Mantova, tratti dall’Inventario dell’Archivio Menna (titoli 5, 14, 18, 93, 94, 133)

11) Elena Schiavi, definita “littrice di pittura” nel libretto di Don Baboni, op. cit., è stata un’ affermata pittrice mantovana; ha lavorato anche nella chiesa Parrocchiale di Sermide: suoi sono gli affreschi relativi alle storie di S. Antonio da Padova

Diocesi di Mantova