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Vita Comunitaria

Chiesa parrocchiale di Felonica

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La Chiesa Parrocchiale di Felonica si trova a ridosso dell’argine destro del fiume Po, in prossimità della via principale dell’attuale centro abitato a cui volge però le spalle; la facciata è infatti rivolta a nord-ovest. L’incontro più suggestivo con la chiesa avviene percorrendo l’argine con provenienza da Sermide in quanto essa appare inattesa e, sia per la posizione sia per la facciata, offre sicuramente una vista singolare e originale, quasi come di chiesa che ha uno stretto legame col fiume ancor prima che con il paese.

Come spiegarne la particolare direzione? Non è difficile pensare che, in terre paludose, la chiesa sia stata costruita su un “polesine” ossia su un punto alto del territorio 1), come l’abbazia di cui faceva parte, e che, presumibilmente, il nucleo abitativo cresciuto intorno al piccolo complesso monastico fosse situato verso la zona Lame, 2) mentre l’area retrostante all’epoca rimaneva ancora acquitrinosa.



La sua fondazione viene tradizionalmente attribuita alla contessa Matilde di Canossa che avrebbe fatto erigere l’edificio nel 1075; tuttavia questa data non è documentata mentre c’è testimonianza della chiesa di Santa Maria Assunta in una donazione della contessa Beatrice, madre di Matilde, risalente al 1053. L’edificio nasce comunque come chiesa abbaziale e le sue origini sono presumibilmente anteriori al periodo matildico in quanto l’ Abbazia Benedettina risulta già esistente nel 944. (Link)

La storia della chiesa rimane legata a quella dell’ Abbazia fino al 1573 quando, durante il vescovato di Marco Fedeli Gonzaga e nel contesto del rinnovamento del Concilio di Trento, “il beneficio ecclesiastico di Santa Maria Assunta viene eretto in Parrocchia”, con il conseguente scorporo della chiesa dall’ Abbazia. La parrocchia viene affidata inizialmente ad un abate commendatario esterno che nomina un vicario parrocchiale amovibile. Successivamente il vicario parrocchiale diviene perpetuo, figura che rimane per quasi 250 anni fino quando, nel novembre del 1820, viene nominato il primo parroco, Don Luigi Eletti. 3)

UNO SGUARDO D’INSIEME ALLA CHIESA

La facciata

La facciata attuale della chiesa è il risultato dei numerosissimi interventi di ricostruzione, ristrutturazione e restauro che si sono avvicendati nel tempo in buona parte per contrastare l’azione del fiume sulla stabilità e conservazione della chiesa ma anche per adeguarla al gusto del tempo e a necessità contingenti.

La sovrapposizione di tali interventi va sottolineata in quanto rende difficile la periodizzazione delle varie parti dell’ edificio, più precisa per quanto riguarda la datazione del campanile e per quella relativa ai rifacimenti novecenteschi (grazie alla possibilità del confronto fotografico).

La facciata è a capanna con tetto a due spioventi e con un campanile importante che, inserito nella struttura, interrompe la visione completa dello spiovente sinistro; la scandiscono quattro contrafforti, di cui due del campanile, il portale centrale con un piccolo rosone sovrastante, due finestre laterali aperte e due nicchie chiuse simmetriche rispetto al portale d’ingresso, due finestrelle otturate poco più in alto, oltre a un pinnacolo sul vertice del contrafforte destro.

L’ originalità di questa struttura va comprovata, come si diceva; in particolare va considerato fra gli altri l’intervento degli anni 1913-1915 in quanto ad esso risalgono diversi elementi attuali e, in quell’occasione, la facciata fu "radicalmente ridisegnata" 4) sotto la direzione dell’architetto mantovano Aldo Andreani. 5)

Anche la facciata della chiesa primitiva era sicuramente a capanna, come generalmente in tutte le chiese del periodo romanico comprese quelle dei piccoli monasteri padani e quelle che, da tradizione, vengono denominate Matildiche, ma le fotografie di fine ottocento-inizio novecento 6) fanno notare le diverse modifiche attuate con l’intervento suddetto.

Innanzitutto viene cambiato il portale di ingresso che, un tempo a tutto sesto, passa dallo stile romanico ad uno stile “neogotico”.

Nella fascia bassa si riscontrano altri cambiamenti significativi come la chiusura della porta del campanile e la definizione di due finestre, simmetriche rispetto al portale, l’una nel campanile al posto della porta precedente e l’altra sul lato destro della facciata.

Nella stessa occasione avviene l’apertura di una porta alta laterale per l’ingresso nella torre campanaria e nel loggiato-cantoria, con installazione della relativa scala d’accesso sulla fiancata sinistra della chiesa.

Altri cambiamenti risalgono a periodi precedenti, come la ricostruzione del tetto nel 1885, con finanziamenti concessi dalla regia prefettura di Mantova, o successivi. Si può presumere ad esempio che la piccola vela di mattoni che congiungeva il colmo del tetto con il campanile, sia stata tolta durante i lavori post bellici riportando in tal modo alla visione il tetto classico a due falde ed evidenziando la verticalità fra colmo, rosone e portale d’ingresso; non è certo che vi sia stato anche un intervento di rialzo della facciata come sembra suggerire la presenza di file di mattoni più bassi rispetto al limite attuale del tetto. L’abbattimento del muro collegato al contrafforte di destra della chiesa, visibile nella fotografia del primo novecento, è invece da riportare probabilmente al momento dell’apertura della strada a sud che da via Roma conduce all’argine, l’attuale via Palazza.

 

Il campanile è l’elemento più autentico e più sicuramente databile. Esso si presenta piuttosto imponente rispetto alla facciata, ingentilito da finestre a sesto acuto appaiate e, più sopra, da bifore sovrastate da archetti ciechi, elementi che lo fanno risalire alla seconda metà del Quattrocento quindi in epoca molto più tarda rispetto alla fondazione della chiesa abbaziale.

 

Il portale ad arco acuto neogotico è, a sua volta, per la maggior parte frutto dei restauri novecenteschi di cui sopra. La fotografie riguardanti la facciata e il portale prima del restauro dimostrano che il portale originale era a tutto sesto e costituiva uno degli elementi architettonici tipici di una facciata romanica. A proposito del portale neogotico attuale, risalente all’intervento novecentesco, riportiamo quanto scritto nell’opuscolo pubblicato dall' Unità Pastorale "La Riviera del Po"  nel 2019 che riprende le ricerche del prof. F. Galli: “Attrae in facciata l’imponente portale a sesto acuto, adorno di una ricca ghiera di terracotta. Dopo l’ampio restauro del 1915, si può notare come gli sguanci degli stipiti si smussano intervallando mensolette sporgenti e includono una colonnina cilindrica con capitello dall’accenno di foglie. Il motivo, oltre il dentello dell’abaco, continua senza soluzione, percorrendo l’arco acuto dell’ampio portale. Qui la fascia ornamentale si allarga, arricchendosi di una ghiera di formelle in bassorilievo, con più fitto ritmo seghettato delle cornici e più minuti dentelli, a punta di diamante nel bordo esterno”. 7) (Link) Nell’opuscolo si nota inoltre come portali con apertura a sesto acuto siano frequenti in Mantova tra il XIV e il XV secolo come l’ex Monastero di Sant’Andrea, del Palazzo del Capitano e del Palazzo Comunale. 8)

 

Due formelle in terracotta sono inserite al centro della facciata, con un modellato molto semplice: la formella a sinistra del portale d’ingresso rappresenta un drago-serpente mentre l'altra raffigura un agnello, forse simboli della perenne lotta fra il bene e il male.

Le formelle sono sicuramente fra gli elementi più antichi della chiesa ma resta da verificare la loro collocazione originaria; appare strano infatti che anche l’animale della formella di destra non sia rivolto verso il portale d’ingresso.

L’abside a struttura semicircolare sul retro della chiesa rimane a destra della sagrestia, verso l’argine; non ha elementi che la contraddistinguono se non il particolare di un’unica finestrella a feritoia diversamente dalle tre classiche.

La casa canonica e la sagrestia

A sud, addossata alla parete presumibilmente più antica della chiesa e protetta da un muro in cotto, si trova la casa canonica con accesso a est ossia sul lato rivolto verso il paese. Tra la porta d’ingresso della casa canonica e l’abside vi è l’accesso alla sagrestia, un piccolo locale dal soffitto a volte con elementi settecenteschi.

Girando intorno alla sporgenza dell’abside si raggiunge lo stretto spazio fra la parete nord, rifatta sicuramente più volte, e l’argine. E’ importante notare che questo passaggio fino agli anni successivi alla piena del 1951 costituiva la strada di accesso alla chiesa stessa.

La casa canonica distrutta dal bombardamento e ricostruita con gli interventi post bellici risale ad una costruzione voluta nel 1745 quando fu eretta come “casa parrocchiale e vicariale” dall’abate e cardinale Silvio Valenti che se ne assunse le spese come risulta in una nota del vicario don G. Ferrari riportata da G. Freddi nell’opera citata su Felonica.

L’Interno della chiesa

Anche l’interno della chiesa risente dei molti interventi di recupero, conservativi e di restauro succedutisi nel tempo come per l’esterno. E, anche in questo caso, la causa decisiva che ha portato ai cambiamenti è da individuare nell’intrinseca necessità di adattamento dell’edificio al territorio, in particolare per la parete sinistra addossata all’argine; ma, anche per l’interno, va considerato l’adeguamento al gusto del tempo come si diceva sopra. Inoltre vanno tenuti in conto i danni bellici arrecati dai bombardamenti e, non secondariamente, le indicazioni ecclesiastiche Conciliari.

Entrando ci si trova davanti ad un’unica navata che si conclude con una profonda abside con una sola finestrella strombata, invece delle tre consuete. L’arco a tutto sesto che la precede, la copertura a capriate e le tre piccole finestre strombate della parete destra costituiscono i segni più autentici dello stile romanico essenziale presente.

Durante il consistente intervento del 1913-‘15, già citato, sono emersi tre archi a tutto sesto, sottostanti alle tre finestrelle suddette,  che avevano presumibilmente una funzione di rinforzo della parete come archi di scarico, elementi strutturali che successivamente sono stati ulteriormente evidenziati dopo aver tolto gli affreschi che vi erano inseriti.

Nel corso dei lavori dello stesso periodo sono state ingentilite le aperture esistenti sulla parete sinistra, creando una trifora e una bifora che sicuramente abbelliscono sia l’interno che l’esterno della navata.

La parete di sinistra risulta essere quella più fragile, per la vicinanza all’argine, oggetto di ripetuti interventi; la stessa parete è, ad esempio, più vicina all’asse centrale della chiesa di trenta cm. .

Girando le spalle all’abside e procedendo verso l’uscita, nella parete di fondo si nota un bel loggiato-cantoria formato da sei archi che si aprono verso l’interno della chiesa, poggianti su colonnine di cotto abbinate. La mancanza degli archetti del loggiato nella parte destra, guardando l’ingresso, è dovuta alla presenza del campanile di costruzione quattrocentesca. Lo stesso loggiato è nato presumibilmente come completamento dell’edificazione del campanile, realizzato con le fondamenta all’interno della chiesa. La chiusura della porta esterna di facciata ha portato all’eliminazione della parte della scala interna che conduceva al loggiato stesso al quale si accede attualmente attraverso la scaletta esterna.

Sotto il loggiato, la struttura muraria di sostegno è formata da tre arcate: quella centrale molto alta di accesso alla navata e due laterali, più basse, utilizzate come piccole cappelle, quella detta “del campanile”, attualmente con funzione devozionale, in cui si trova l’affresco di Santa Lucia e la statua del Sacro Cuore di Gesù e, di fronte ad essa, in corrispondenza, l’ex cappella del Battistero che attualmente ospita il confessionale.

Relativamente alla spazialità vanno tenuti in considerazione i resti di una colonna, risalenti probabilmente al decimo secolo, emersi durante operazioni di scavo. Questo ritrovamento è importante perché ci dà almeno due indicazioni relative alla struttura della chiesa ed ai suoi cambiamenti nel tempo: innanzitutto rivelano una diversa profondità della chiesa altomedioevale originaria il cui livello doveva trovarsi presumibilmente a circa due metri sotto quello attuale, inoltre permette di ipotizzare una spazialità maggiore e la presenza di tre navate. 9) (Link)

Relativamente agli interventi più recenti, va sottolineato quello effettuato a seguito al Concilio Vaticano II che ha completamente modificato il presbiterio con eliminazione dell' altare maggiore che dava le spalle ai fedeli, dei due altari laterali e della balaustra in pietra, sostituiti dall’imponente blocco marmoreo attuale rivolto verso l’assemblea e dalla pavimentazione dello stesso materiale. Allo stesso intervento risale anche la posizione del  tabernacolo e la sistemazione degli affreschi nella collocazione attuale per ragioni conservative. Precedentemente era presente un’ imponente balaustra, come si può vedere dalle foto del tempo, su progetto dello stesso arch. A. Andreani, 10) già incaricato del restauro della facciata nel 1913-15, e distrutta dai bombardamenti del 1944. (Link)

LE OPERE DI PREGIO ARTISTICO

Gli affreschi

L’ affresco di Santa Lucia (cm 164x67), risalente ai primi decenni del 1.400, è ubicato in quella che viene definita la cappella del campanile, a sinistra rispetto all’ entrata. La santa è raffigurata con la palma del martirio che tiene nella mano sinistra e la identifica. Il dipinto murale è in cattive condizioni ma è visibile la sofferenza degli occhi.

L’ Opera (cm 340 x 220), datata tra il 1530 ed il 1535, è attribuita a Fermo Ghisoni considerato della scuola di Giulio Romano, in quanto allievo di Lorenzo Costa “il Vecchio” che di G. Romano fu aiutante. 3)

L’affresco è situato nella parete di fondo della navata centrale, sul lato destro in una nicchia rettangolare. La costruzione della figura viene sottolineata dall’incorniciatura architettonica prospettica, dipinta a finto marmo, che definisce lo spazio complessivo dell’affresco. Il santo è raffigurato in piedi con entrambe le braccia appoggiate alla guardia e all’elsa di uno straordinario spadone. La testa, con fluente chioma e barba bianca, è rivolta verso sinistra, per l’osservatore; il corpo si intuisce molto possente sotto le vesti di colore rosato e l’ampio mantello grigio-verde. Va sottolineata la sproporzione della gamba destra data dal ginocchio particolarmente basso.

L’affresco (cm 320 x 240), strappato dalla parete destra della chiesa presumibilmente durante il restauro degli anni sessanta per ragioni conservative, è attualmente posizionato sulla parete destra dell’abside. A tutt’oggi è di difficile lettura date le sue precarie condizioni. Il Cristo crocefisso è a tra Maria e Giovanni con, ai lati, la Madonna con Bambino e un vescovo o abate mitriato. Il progetto nel suo complesso non sembra unitario: a livello spaziale l’affresco presenta infatti da un lato una prospettiva fortemente intuitiva dall’altro, in alcuni punti, si fa più prospettico classico. Quanto alle figure esse sono poste in modo diverso rispetto allo spazio suddetto: la parte centrale appare di mano più attenta nella definizione dei particolari e con atteggiamento più devozionale mentre le figure laterali, probabilmente di autore diverso, appaiono più descrittive e vicine ai modelli trecenteschi.

L’affresco è collocato sul lato sinistro della parete di fondo sopra al tabernacolo. Anche questa “narrazione” è fortemente deteriorata, tuttavia si possono cogliere alcuni aspetti: lo sguardo di Maria che, pur rivolto ai fedeli nella presentazione del figlio, ha un’espressione indefinita e la figura del bambino tratteggiata in modo poco sacrale da una mano ancora incerta.

Decorazioni affrescate

Sulla parete destra della chiesa, dentro l’ultimo semiarco, sono presenti i resti di decorazioni affrescate presumibilmente parte di una ornamentazione più vasta. Tra le immagini rappresentate, oltre agli scorci di mura e caseggiati, vi è la rappresentazione di un San Cristoforo portatore di Cristo che richiama la Legenda Aurea di Jacopo da Varagine del XIII sec. .

Degno di nota è il volto del Santo che per la sua fisiognomica richiama artisti della metà del Quattrocento.

Altre opere di rilievo

Opere statuarie

E’ la statua di maggior pregio della chiesa, forse dono di un abate commendatario. Si tratta di una scultura in legno intagliato e dipinto (cm 106 x 80 x 40) risalente all’ inizio del Cinquecento. L’opera raffigura la Vergine seduta con le mani giunte in preghiera e il bambino sulle ginocchia; sotto l’aspetto formale la statua, che si presenta chiusa nella figura a parte il movimento delle vesti, è prossima alle opere dello scultore di area veronese Giovanni Zabellana che ha influenzato in modo significativo la produzione di sculture lignee dell’area veneto-lombarda dell’epoca.

Attualmente è collocata nella sagrestia, rialzata su di un pensile, per ragioni di sicurezza in quanto nel 1992 è stato derubato il bambino originale della scultura, poi fortunatamente ritrovato.

Statua del Sacro Cuore di Gesù

La statua si trova nella cappella detta “del campanile”, accanto all’immagine di Santa Lucia; è in legno scolpito e dipinto. Sant’Antonio da Padova

La Statua di Sant’Antonio da Padova con Gesù Bambino si trova all’inizio della parete di sinistra e risale anch’essa al periodo della statua del Sacro Cuore di Gesù

La statua dell’Immacolata è collocata in fondo all’abside; anch’essa in legno scolpito, risalente allo stesso periodo delle altre statue lignee, è caratterizzata dalla colorazione bianca e azzurra delle vesti.

Altre opere

Battesimo di Cristo

Si tratta di un bassorilievo collocato sulla parete sinistra dell’abside, anch’esso in legno scolpito e dipinto, che raffigura il Battesimo di Cristo con le figure di Gesù e S. Giovanni Battista in riva al Giordano, con una colomba a simboleggiare lo Spirito Santo. Anche quest’opera è datata tra fine 1.800 e inizio 1.900.

Il Crocefisso

Il Crocefisso è dato da una croce in legno di pioppo mentre il Cristo è in legno di ciliegio; sostenuto da una base in marmo, risale ai primi anni del ‘900.

La sagrestia

La sagrestia, situata fra la casa Canonica ed il Presbiterio, è un piccolo locale settecentesco dal soffitto a volte che conserva alcuni arredi:

Oltre la statua della Madonna con Bambino sopra descritta, la sagrestia ospita anche alcuni dipinti:

La chiesa bombardata nella Seconda Guerra Mondiale

Lapidi e pietre tombali

La chiesa conserva numerose lapidi di cui citiamo le più importanti:

La lapide di sinistra commemora la scomparsa del marchese Federico Cavriani, mentre quella di destra è dedicata a Cecilia Favagrossa Fachini moglie di Cesare Cavriani.

L’importanza è dovuta al fatto che Palazzo Cavriani, dimora settecentesca di villeggiatura della famiglia, è stato venduto nel 1886 al comune di Felonica. Ex sede Municipale, dopo il restauro ultimato nel 2015 è una delle attrazioni di Felonica insieme alla chiesa di S. Maria Assunta.

La lapide di sinistra ricorda il restauro voluto dall’abate commendatario e cardinale Silvio Valenti mentre quella di destra ricorda il restauro post bellico del 1945 con il parroco don Giannino Masini che fu anche il promotore del restauro post conciliare del presbiterio.

Le pietre tombali poste sul pavimento sono di difficile lettura in quanto molto consunte. Uno dei lastroni reca il nome di una confraternita parrocchiale.

Iscrizione del 1844 su uno dei cippi marmorei che delimitano il sagrato della chiesa dedicata a Esterina Vassalli di giorni 45.

Note bibliografiche

1) Il nome Polesine deriva dal latino medievale polìcinum, terra paludosa, ed era anticamente usato come nome comune per indicare uno dei tanti isolotti piatti di terra emersa lungo il corso del fiume.

2) Si vedano le osservazioni di Giovanni Freddi, in Felonica-Storia Documenti, ed. Arte e Stampa, Urbana 1996. All’opera di Freddi, a cui si rimanda, si fa spesso riferimento nel presente testo.

3) Giovanni Freddi, Felonica - Storia Documenti, op. cit.

4) L’espressione è di G. Freddi, op. cit.

5) A. Andreani (1887-1971) è un architetto mantovano che ha realizzato vari progetti per importanti edifici a Mantova e Milano in particolare. Soprattutto nel primo periodo si avvale della collaborazione con il padre ingegnere. L’incarico di Felonica gli viene affidato nel 1913 quando non è ancora architetto, si laurea infatti nel 1917.

6) Alcune foto qui riportate sono presenti nella raccolta fotografica “Felonica ….si racconta”, ed. Sometti, 2015 e presso la biblioteca comunale “Cesare Zavattini” di Felonica.

7) Il restauro della porta d’ingresso è della ditta Bertolasi di Moglia di Sermide che ha realizzato il recupero della porta comprendente due fiancate laterali, di forma ovale nella parte superiore, e la parte rettangolare centrale per l’accesso dei singoli fedeli. Le porte hanno l’interno in “larice” mentre per l’esterno è stato usato il rovere.

8) La chiesa di Santa Maria Assunta, Felonica U.P. 2019

9) V. Matteucci, Le chiese artistiche del Mantovano, Mantova 1902

10) Ne parla don Semeghini in alcune note sul Giornale Ufficiale della Diocesi di Mantova,1923.

Per i documenti relativi alla Chiesa abbaziale- parrocchiale di Felonica si fa riferimento all’ Archivio Storico Diocesano di Mantova e all’ Archivio di Stato di Mantova per la consultazione di documenti sull’ Abbazia felonichese, comprese le mappe del Catasto Teresiano.

Fonti fotografiche

-Archivio Enrico Bresciani

-Raccolta fotografica “Felonica ….si racconta” op. cit

-Biblioteca comunale “Cesare Zavattini”di Felonica.

In particolare per informazioni storiche e corredo fotografico si veda l’opuscolo – guida

LA CHIESA DI SANTA MARIA ASSUNTA, Felonica – The Chirch of Santa Maria Assunta  2019, edito dall’ Unità Pastorale “La Riviera del Po”. E' stato girato anche un video da parte di Telemantova per la trasmissione "Fra cielo e terra" della Diocesi di Mantova che qui presentiamo. (Video)

Diocesi di Mantova